LA BÒNDOLA DELL’ASENSA

In casa Marchesini la cucina è sempre stata legata a doppio nodo con le tradizioni. Molte di queste sono cristiane, essendo mia madre e mia nonna entrambe donne di fede.

La serietà con cui quest’ultime prendono/prendevano tutto ciò è tale che per noi diventa addirittura scontato.

Bene, 40 giorni dopo la pasqua c’è la giornata dell’ascensione o “asensa” e a questa giornata è abbinata un insaccato di maiale detto “bóndola de l’Asensa” in italiano Bondiola.

A Torrebelvicino, dalle parti di Schio c’è addirittura una sagra dedicata a questa prelibatezza.

Mia mamma l’altro giorno mi dice: “gheto tolto la bòndola? te sé che se non te la magni te morde le vipere?”.

Giammai, dissi, e ieri mi sono fiondato in macelleria dall’amica Tiziana per acquistarne una: trattasi di un cotechino, quindi cotiche e parti del maiale macinate grossolanamente insaccate in un budello di forma cicciotta con al suo interno una lingua di maiale.

La sera prima, come un rituale, si deve porre la salsicciotta in acqua fredda e la lasceremo o in ammollo per tutta la notte, l’indomani taglieremo/toglieremo gli spaghi della legatura e la metteremo in cottura per almeno 4 ore a fuoco lentisssimoooooo!!!

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In dialetto veneto questo nome Bòndola può essere usato anche per definire una persona leggermente in sovrappeso, o comunque si usa per definire forme rotondeggianti in genere.

La credenza vuole che la lingua del maiale sia immune dal morso delle vipere, il maiale in natura non teme né il morso né la presenza di questo temibile rettile.

Da qui, credo, l’usanza di mangiarla in questo periodo che i serpenti escono dal loro letargo e fanno capolino nei campi dove i braccianti e contadini erano soliti mietere il primo fieno.

In effetti a ben pensarla non la trovo un piatto precisamente consigliato per le giornate calde di inizio estate, ma se la tradizione lo impone i Marchesini osservano!

In abbinamento Mattia ha preparato dei crauti espressi: cavolo cappuccio, tagliato finemente con l’affettatrice, marinato con sale, aceto e cumino per un paio d’ore e poi spadellato con alcune striscioline (nel nostro caso molte striscioline) di speck e una mela tagliata a cubetti. L’effetto finale è di crauti croccanti, aciduli al punto giusto che ben si sposano al grasso della Bòndola.

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Ultima, avendo un rigoglioso prezzemolo nelle fioriere del terrazzo di casa, una salsetta verde da far resuscitare i morti, nel caso qualcuno fosse stato morso dalle vipere per non aver mangiato la Bòndola: prezzemolo, olio buono, tuorlo d’uovo sodo e pane raffermo ammollato nell’aceto. Una vera poesia.

Che dire, e forse mi ripeto, se non badassi alle ricorrenze e alle credenze, non consiglierei questo menù per la fine di maggio, ma vi assicuro che è stato un vero pasto da Re.

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