LA VERXA ROTTA

Lo ammetto, a me non piacciono le verze, o meglio, non sopporto il loro odore così come per i broccoli, cavoli e cavoletti. Lo so, fanno bene e sono buonissime e per un buongustaio come me è un forte handicap, ma sono comunque cresciuto grande e grosso (specialmente grosso, direbbe qualcuno) anche senza questi ortaggi.

Sabato mattina al mercato, fra i banchi ricolmi di meravigliosi ortaggi, ho notato un’ anziana signora di gracile aspetto con una cassettina di frutta rovesciata e con sopra 20 mele (credo siano le mele della rosa, piccole ma profumatissime che mi hanno profumato tutta la macchina nel viaggio di ritorno) tre cespi di radicchio ed una verza. Guardandomi intorno notavo che la gente le sfrecciava attorno frenetica e che nessuno di loro si accorgeva della sua presenza, la cosa mi ha fatto molta tenerezza e mi sono avvicinato; “la me scusa, ma xela na verxa o un capusso?” dico io, lei prendendola con una grazia quasi fosse di porcellana mi disse “e no la xe na versa ma son mortificà la me se ga rotta fn chè la netavo, ma el poe tocarla la xe freschissima e la xe del me orto”.

LA VERZA

In breve, ho comprato sia la verza sia le mele, e quindi oggi torta di mele fatta dalla mia compagna Daniela e martedì zuppa di verza e salsiccia per il piacere di tutta la mia family (io escluso).

Vedete questo è lo spirito della mia cucina, credo sia un fatto di emozioni, di attimi, di odori (più o meno piacevoli), di persone, di sguardi e di fiducia.

Quando vado in un ristorante difficilmente ordino dal menù, mi piace mandare un messaggio allo chef del tipo, “fai quello che per te è più buono”, oppure “ dite allo chef che faccia lui”.

La cucina deve essere libera espressione, di tecnica ma ancor prima di cuore e passione.